Per tutto quel lungo serpeggìo fra selve di castagni, quercioli, querci gigantesche, frutti di ginepri e di lentischi, un groviglio di fiori ed erbe selvatiche e di boschetti foltissimi e impenetrabili, non si sentiva che uno squisito profumo di vegetazione silvestre, così intenso e acuto che, anche oggi, accostandomi a qualche bosco, il senso dell'immediato odore di verruche e di pini, di quercioli e di frassinelle, mi riporta a quello da me sentito in tempi così lontani e sperduti; tanto lontani e tanto svaniti che mi sembra un'eternità.
Que' luoghi ameni e sublimi si chiamavano: I Quattro Castelli.
Costassù vi sostammo alcuni giorni; e narrerò un fatto che dimostrerà una volta di più, se ce ne fosse bisogno, la gran bontà paziente e pietosa della adorabile mamma.
Una notte (il babbo era di picchetto alla porta di uno di quei castellacci) mi destai con forti grida e non so per qual motivo, la mamma, accesa la candela di sego (a que' tempi non v'erano steariche e nemmeno fiammiferi e s'accendevano certi stecchi tolti dalla canapa tuffandoli nel collo di una boccia piena di non so che), andò al cammino a farmi qualcosa: mi curò, mi rasciuttò le lacrime, mi baciò e poi, allargando la mano, mi dette due chicchi di zucchero per farmi stare allegro.
O adorata mamma! quante volte, nella mia lunga vita mi sono ricordato di quel tuo atto gentile e pietoso; tu, invece di inquietarti, di risentirti alle mie strilla per doverti levare, a quel freddo, di notte, senza nessuno a darti una mano; mi lasciasti un esempio di così gentil bontà, di soavità così intensa, che l'ho poi ricordata, quando in case straniere, ove erano madri e bambini, ho comparato il tuo amore vero, a quello sofistico e nervoso di mille altre femmine che di madri avevano il nome, ma non di certo il cuore!
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I Quattro Castelli
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