Mia madre era morta il 10 Gennaio del 1860.
CAPITOLO III.
Nei primi di febbraio lasciammo la Lombardia e c'imbarcammo a Genova sul vapore Cook, con tutto il Reggimento che fu uno dei primi a esser mandato in Sicilia, liberata allora allora da Garibaldi.
Confesso il vero che, piccolino come io era quando persi la mamma, non mi sarebbe stato possibile mettere insieme due idee sulla gravissima e irreparabile sventura che ci colpiva, mia sorella e me; perchè i ragazzi (per buona sorte) presto scordano i mali e rasciugano le lagrime; onde io non perderò tempo a dire che, nel palazzo ove stemmo con mia sorella per un pò di tempo ben'accolti e trattati come figli dalla buonissima signora che poi seppi essere la Marchesa Cattaneo, si passava il tempo, con Ada, a divertirci e a giocare nel vastissimo giardino e in un salone grande grande pieno di corazze, elmi, spadoni, mazze ferrate che i figli della Marchesa ci dicevano e specialmente Giulio che era il più grandicello, avevano appartenuto a tutti guerrieri antichi della stessa casata.
E noi ci mettevamo in capo certi elmi, pesi pesi e fondi fondi; dove le nostre piccole teste sparivano; e giù botte su quelle cocuzze d'acciaio, senza vederci l'un con l'altro, perchè i buchi per gli occhi ci arrivavano alla bocca.
Furono quei giorni (perdonami ombra santa) io credo i più belli e felici che trascorressi mai! ogni poco si mangiava; ben caldi, dinanzi al fuoco di certi cammini alti alti in certe camerone che luccicavano di specchi e d'arazzi, con de' tappeti su pavimenti che ci accoglievano ruzzoloni e che mi parevano di velluto; nell'incoscienza del mio cervellino, cosa potevo sapere, cosa pensare dell'immane sventura che m'era toccata?
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