Io sento però vivissima la gratitudine verso le ordinanze di mio padre, chè, veramente, lo giuro sulla memoria di mamma mia, furono dei veri galantuomini e m'amavano e mi difesero come uomini di cuore e asciugarono tenerissimamente i miei pianti infantili e divisero meco i giuochi e le biricchinate di quei tempi, (che dovrebbero essere i veri tempi della letizia e della felicità), biricchinate frequenti e, talvolta, anche pericolosissime come il mio lettore sentirà.
D'un'ordinanza specialmente io ho dolcissima rimembranza: si chiamava Cesare Franchi ed era del Sasso di Bologna; quel bravo giovinotto m'amava come un figlio: mi cavava la fame (perchè mio padre mai mi conduceva con sè a mangiare alle trattorie o nelle case ove spesso era invitato); mi levava la fame col suo rancio e il suo pane, oltre la piccola razione che mi era assegnata e che mi veniva portata dai soldati distributori del rancio (a quei tempi) alle ordinanze degli ufficiali. Cesare mi portava fuori a vedere una grotta famosa; Cesare mi metteva a letto; Cesare mi portava a fare delle famose camminate nelle campagne vicine, e specialmente verso l'imbrunire a un mulino sperduto in una campagna, e costì la moglie del mugnaio ci friggeva certe frittelline di farina in un cammino patriarcale, dove ardeva sempre un focone scoppiettante e luminosissimo che gettava scintille su per la gola e la cappa nera nera e fuliginosa, dipingendo certe ombre gigantesche su quelle pareti bianche bianche e coperte di farina: madie, seggiole, tavolini ove pareva che ci fosse nevicato.
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