Per grazia di Dio, alle 6 dell'indomani s'arrivò a Livorno, e mio padre con altri amici, vennero a darmi la baia e canzonarmi; la moglie di un maggiore (la mamma del mio povero Ceccherini - e dirò in seguito perchè povero) mi dette un'arancia; ne mangiai uno spicchio che rigettai sulla scaletta ricoperta di velluto del bel vapore inglese Cook, con occhiatacce feroci del mio buon babbo!
Stemmo poche ore a Livorno: qui ebbi la grata sorpresa di rivedere la nonna Carolina con mia sorella Ada e la zia Adelina per la prima volta; dopo diversi anni; erano venuti da Lucca apposta; mi commiseravano tanto e, specie quell'anima santa della zia si struggeva in lacrime, dicendo che ero un povero bimbo sacrificato e infelice: e io, ora, capisco il perchè della loro pietà! sfido io; senza mamma; in mezzo alla baraonda di que' tempi; con un uomo che non poteva avere le delicatezze di una madre e che s'era incaponito di farmi soldato subito, e infatti già mi teneva vestito da militare (bersagliere!) con tutto l'annesso completo, sacco, saccapane, gavetta, ghette.... roba da far ridere i galletti.
Povero babbo (dirà qualche leggitore) che figura poco paterna che tu ne fai. Ma io devo descrivere la mia vita tal qual'è senza abbellirla nè pingerla; quando presi la penna per buttar giù alla bona le mie ricordanze tratteggiando il mio e i ritratti di tutti coloro coi quali ebbi a che fare; una cosa sola mi proposi: essere lo specchio della verità e l'eco fedele della leale e sincera e svariata scena su cui, o piccola o mediocre o buona o cattiva, rappresentai una meschinissima parte; e credo che questo sia il mezzo migliore perchè la gente se ti compatisce, lo faccia almeno con buon cuore.
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