Mi scoppiarono le febbri (ho detto) e in un modo terribile: fui portato all'ospedale militare e amorevolmente assistito dal medico del reggimento: in sul declinar della febbre, mio padre mi volle a casa e costì mi curò lui facendomi prendere del chinino, ma sentite in che modo.
La prima mattina, viene al mio letto con fra le dita un garòcciolo nero grosso come una castagna e mi dice di tirarlo giù: me lo messi in bocca e tentai due o tre volte d'inghiottirlo, ma non c'era Cristo, non mi passava; e poi amaro come un veleno!
Strillavo, mi raccomandavo, chiamavo la mamma (che dormiva poverina duramente sotto terra a Parma), stanco mio padre m'afferra pe' capelli e con due occhi biechi e' feroci mi urla di aprir bocca e di tirar giù: e giù vi andò il chinino e credo mescolato anche ad abbondanti lacrime.
Ero tormentato dalla febbre, dalle zanzare e da mille sogni paurosi e terribili. Vedevo pesci-cani e pesci-spada, che strisciavano intorno al letto, e notavano per l'aria nella camera e i più paurosi montavano sulle coperte, e certi terribili granchi grossi pelosi e neri con mille zampaccie aperte come morse che s'arrampicavano da terra sulle coperte, e davanti, di dietro, dai lati e io sempre a scacciarli, con le mani, ma inutilmente.
Le zanzare, furiosissime, le uccideva mio padre sparando il fucile a polvere ed empiendo la stanza di fumo; ma i pescicani e i granchi, non li vedevo che io; e sentivo la voce del babbo che diceva all'ordinanza e agli amici, che sognavo. Ma non sognavo io, dicerto, perchè li vedevo così veri, viscidi, paurosi che anche, oggi, non più fanciullo, ne' miei sogni agitatissimi li rivedo tali e quali e ne sento il viscido, gelido, puzzolente contatto e mi desto anche ora, in sussulto, madida la fronte di sudor freddo!
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Cristo Parma
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