Che qualche cosa di vero vi fosse nei miei delirj non v'è dubbio: ricordo che una sera, vidi mio padre sguainar la sciabola, venirmi vicino, e mi rincantucciai sotto le coperte; alzarla, colpire sulla parete e cadere in due pezzi, divincolandosi, sul guanciale un grosso granchio......
Non era un granchio!
Era - mi raccontò poi il babbo quando fui guarito e che voleva persuadermi che le bestie che vedevo non erano pesci; - era un enorme tarantola (che ce n'è a bizzeffe in Sicilia) scesa placidamente dal tetto; entrata dalla finestra e che veniva, randagia e sperduta, a far la mia conoscenza e a succhiarmi quel poco sangue che avevo.
Ora so che codesta specie di ragni non è veramente velenosa e che produce un gonfiore di poco momento; ma a que' tempi cosa ne sapevo io?
Sicchè i miei terrori ingigantivano e lo stesso mio padre credè bene di scostare il lettuccio dal muro, portandolo in mezzo alla stanza.
Una mattina, eravamo sul finire dell'agosto, si spalanca la porta di camera e appare mio padre con un viso stralunato più del solito; - «È morta tua sorella» - mi dice: io rimasi di pietra, nè ebbi la forza di muovermi o di dire una parola a una notizia datami a quel modo; - «Come non piangi?» tuona mio padre, e giù uno scapaccione sulla mia povera testa sventurata: non ci voleva meno per farmi impietrire, perchè se una cosa al mondo mi ha fatto divenir di sasso è stata la violenza manesca di chi mi batteva; mi precipitai fuori della stanza e corsi difilato in cucina ove era un grande armadio grigio; mi ficcai sotto, nel vôto di quel gran mobile e vi rimasi, credo, tutto il giorno finchè non me ne tirò fuori un ufficiale che mi prese per la mano e mi condusse dal mio addoloratissimo padre che trovai a letto.
| |
Sicilia
|