Non dirò del dolore: credo d'aver avuto in dono un corpo quasi insensibile ai mali fisici: mio padre; questo mi ha fatto di bene; che le ferite, sono passate dalla mia pelle e dalla carne senza dolore. Ma non così sul capo, come dirò un pò più avanti.
Partito Lacuma, mangiammo; ci tornò la fame più vorace degli altri giorni. Mi rammento del mio buon Cesare che tutto rinfrancato mi baciava e carezzava come un padre; corse fuori e tornò di lì a un minuto con del cacio parmigiano e delle pere che le uguali non le ho più mangiate in vita mia.
Poi uscimmo e come se, poveraccio, gli paresse d'essere stato lui la causa della mia disgrazia, mi regalò due centesimi (dico due centesimi) perchè ci comprassi quel che volevo.
C'erano in piazza Farnese certi banchetti (doveva essere il tempo di qualche Festa grande) dove vendevano chicche e gioccatoli pe' bambini e a me fece meravigliosa impressione una ciambelletta dolce che costava 2 centesimi! e aveva uno specchietto in mezzo: e quella comprai e non la volli mangiare per conservare lo specchio!
E il babbo, dirà il lettore?
Il babbo tornò a casa; mi vide; mi guardò il braccio che l'avevo in una pezzola tenuta al collo; non se ne fece nè in quà nè in là e tutto finì con un dolore, con un monito in pectore che feci a me stesso di non bruciar più polvere; e di un consiglio che do ai miei giovani lettori, e che è questo: se mai avvenga che voi vi bruciate, abbiate il coraggio di fare quello che a me fece il bravo Calabrese Lacuma: limone, sale.... e fortezza di core.
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