In quell'epoca, ebbi una grave malattia e credo che mi cascasse addosso la disgrazia più di prima: rammento che mio padre venne col medico del battaglione. Ero a letto, ridotto pelle e ossa che proprio mi si contavano i paternostri nella schiena: mi dette un'occhiata e sentenziò gravemente:
- «Tu gli darai una bistecca tutti i giorni.»
- (Io debolmente): Con patate?
- «Sì con patate fritte; ti piacciono?
Dio del cielo: che sia benedetta la memoria di quel galantomo; e bistecca e patate fritte me ne intrippai, per un paio di giorni.... poi il benestare finì.
Rimpannucciato perbenino, al mio buon babbo venne un'altra idea: mettermi a scuola. - E costì cominciai a imparare i primi andamenti: avevo dodici anni; la scuola (privata) era uno stanzone in cui entravamo un centinaio di monelli; ma io, disse subito la maestra che sarei nel mondo un soggetto cappriccioso e volubile perchè avevo la mania di fare degli svolazzi e ricciolini a tutte le aste e lettere dell'alfabeto! io seguitavo imperterrito a scrivere le a e gli o alla sbarazzina.
La famosa legnata cominciava a fare i suoi effetti.
Come ho già detto nelle pagine avanti, mio padre sognava di farmi generale, o almeno colonnello in un reggimento di schiavi e servi di s. m: dunque, sotto alle manovre, alle marce agli esercizi, alla vita accidiosa dei picchetti. E sempre mi domandava se avrei fatto volentieri il militare; e invariabilmente aveva una risposta altrettanto breve quanto scandalosa: No!
Era furente; gli scappaccioni volavano; le mortificazioni, erano all'ordine del giorno; io basivo e temevo; finalmente arrivò un bel giorno (o brutto che sia stato non ho ora il tempo di esaminarlo) che stanco il babbo delle continue ripulse di non voler fare il soldato nè di entrare in Collegio (credo quello dei cadetti di Modena) mi cacciò via.
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Collegio Modena
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