Le prime accoglienze furono gelide e dure: niente svenevolezze; una doccia fredda subito dalla bocca della zia Vira (Elvira), una zitellona sulle sue, che aveva un occhio sbircio, o come si dice guercia; io parlavo pretto lombardo, (il toscano non me l'aveva insegnato nessuno, perchè avevo avuto per compagni solamente soldati lombardi, e in Lombardia e in Piemonte avevo passato la mia prima età): che maraviglia dunque se io rispondevo in un dialetto che agli orecchi di que' buoni parenti - tutti Senesi - suonava come una profanazione?
- «Non cominciamo a fare l'imbecille!» mi fa quella segrenna: e costì tutta la compagnia a ridere amabilmente; (somma potenza de' buoni brodi e de' succulenti arrosti di Casa Magni!).
Avrei voluto ficcarmi sottoterra; sentii mancarmi le gambe; m'appoggiai a un grosso vaso di limoni; la lingua mi si diacciò in bocca e, per fortuna, la cara zia Fanny, giovinetta di pochi anni più grande di me, venne in mio ajuto: aveva una voce soave ed era bella; due begli occhi luminosi; sotto una fronte pura e aperta; capelli neri e profusi; fu una dolce compagna per me e una buona mammina; ne ho conservato memoria pura e santa per tutta la vita. Fu anch'essa infelice, e morì nel fior della giovinezza: per questo ho parole di gratitudine e di simpatia; unica creatura giovine in quella famiglia di vecchi e di zitellone bigotte e pinzocchere, la sua imagine ritorna sovente nei miei sogni a stendere un roseo splendore sulle tristi fantasime che mi perseguitarono durante i non brevi anni che vegetai sotto il tetto de' freddi e indifferenti congiunti della mia buona nonna.
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