Dies irae, dies ille
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Noia, sonno, accidia, rabbia, incredulità, astuzia; tutto schiamazzava nel mio povero cervellinaccio per farmi più ribelle di quello che, forse, io fossi davvero; ma, il Volto Santo mi perdoni, quanti buffetti sul naso gli ho dato, quando io a dispetto della buona Fanny, restavamo soli a spengere i numerosi moccoletti e poi portavamo via i fiori!
Se mi avesse visto la zia Vira, manesca com'era!....
Per fortuna la nonna era una donna spregiudicata e il nonno, nel fondo un Volteriano; cosicchè le mie scappatelle, che in quelle due vecchione destavano gran terrore, erano prese in barzelletta e ci ridevano su.
Gli affari del nonno a Lucca, andavano sempre meglio e di anno in anno, giunse ad uno stato che limitava con la ricchezza; quando mi accolse, nel '65, sotto la sua ala confortatrice e protettrice era ricco; non chè, talvolta, non si trovasse scarso a moneta (e quì ricorderò di passo che più volte sono corso da una vecchietta con un sacchetto di posate d'argento per metterle al Monte) e allora io sentivo un dolore inesprimibile di cui non sapevo rendermi conto! era forse amore, paura, gratitudine: chi sa? nè, oggi, me lo posso spiegare: forse era tutto codesto insieme.
Nel 1869, quando io fui mandato via anche da lui, era già ricco; ma posso dire che que' quattro anni che stetti in casa sua, la mia fu una vita di ricchezza e di agi e di lusso che mai più conobbi.
Mi voleva un gran bene, senza farsene accorgere, si faceva accompagnar da me col suo bagherrino, nelle visite che faceva nelle campagne; era curatore di fallimenti e d'espropriazioni ferroviarie e può dirsi che tutta la sua fortuna la raggranellasse con le Ferrovie, dette Livornesi, allora, e poi Romane, e dell'Alta Italia molt'anni dopo.
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