Dura, dura, cominciai ad aver in tasca il latino e il greco; Virgilio e Omero sonnecchiavano alla lunga; e invece dei classici, acciuffavo un libro della biblioteca del nonno; così a poco a poco divorai il Don Chisciotte, le Mille e una notte, i Miserabili, i Tre Moschettieri, il Conte di Monte Cristo; tutto Dumas, tutto Koch, tutto Victor Hugo; e il Sismondi con le sue magnifiche Storie delle Repubbliche Italiane e i poeti tutti: Ariosto, Tasso, Petrarca, Dante e poi il Leopardi - il divino e insuperato Leopardi - che seppi presto ed imparai a memoria con gran maraviglia e terrore delle pinzocchere zie che mi dicevano essere quella lettura peccato mortale!
De' miei maestri di latino ne ricorderò due dei piccoli e uno dei grandi: questo era il Rettore, Vincenzo Giannini, un omone serio serio e grosso grosso, che si dava una grand'importanza forse perchè portava gli occhiali d'oro; gli altri due eran fratelli: Silvio e Carlo Casali; Silvio per bestia poteva andare; ma Carlo era tutto gavinoso e rinficosecchito al collo dove aveva una piaga terribile che lo deformava.
Oh quando ripenso al tormento sofferto sotto costui che mi teneva a sè vicino e mi mandava il lezzo del suo fiato e il tanfo del suo marciume sul naso: e dàlli con:
Conticuere omnes intentique ora tenebantche era solito intonare subito appena montato in sulla cattedra e noi tutti insieme:
Inde hono pater Aeneas sic orsus ab alto.
Costui mi fece il ritratto senza maneggiare il pennello: un giorno, avendogli domandato il Carina, per incombenza della famiglia, come mi portavo: rispose «Eh eh; è un ragazzo 'un c'è male; ma mi pare che gli manchi «un venerdi.
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