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Ebbe ragione, il bravo canonico, e me ne sono ricordato poi tante e tante volte, anch'io ho constatato che un po' di ragione il bon'omo l'aveva; ma mi consolai; subito pensando che tutta la colpa non era mia. - Quella famosa legnata!..
I Casali veramente erano tre: Alpiuolo, alto e grande come uno zappatore; che aveva fatto non so quante campagne; portava un barbone castagno che gl'inondava il petto sul quale nelle grandi ricorrenze brillavano sempre quattro o cinque medaglie; c'insegnava nel cortile del palazzo Ducale gli esercizi militari, e a me voleva un gran bene, e mi chiamava il «caporalino»; perchè conoscevo gli esercizi quanto lui e mi faceva comandare e istruire gli altri. Finì di mala morte, per un morso d'un cane arrabbiato!
Quanto piansi, quanto mi accorai: povero Casali; era un patriota, grand'amico del babbo, un galantuomo e mi diceva sempre che voleva finire i suoi giorni sul campo. Doveva, invece, morire in una camicia di forza e all'ospedale, che destino, povero Casali! - Tutta Lucca, lo accompagnò al funerale che fu bellissimo; ma io lo piansi a calde lacrime, credo più de' suoi fratelli stessi; mi pareva che fosse morto il babbo mio.
Un giorno, perchè non seppi, o non ebbi voglia di ripeter bene a mente le parole d'Andromaca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Verane te facies, verus mihi numtius adfers, nate dea?
tutto paonazzo in viso (era già rosso di suo come un billo per le scrofole!) afferra la bacchetta e mi fa allungar la mano e giù rigate da orbi sulle punte delle dita!
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