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      Da quella volta che, a Messina, io aveva veduto dipingersi sul soffitto del camerone, le scene della vita che si succedevano da lontano in un cortile; m'era rimasta una curiosità incredibile di saperne il perchè. Il professore mi disse, secco secco, che era un fenomeno di luci; ma aprendo il magro libraccio di scienze naturali che ci avevano dato, vidi e trovai da me, nella parte dell'ottica che si poteva riprodurre con la camera scura. E ingegnandomi da me con un cassone e una lente ne costruii una a casaccio e costì cominciai a morir di voglia d'aver libri completi e buoni di quella scienza. V'era con me uno scolaro di Garfagnana, Vittorio Turri, che portava a lezione di fisica un volumone grosso e bello con di molte vignette illustrative d'ogni fenomeno era il Faust: io avevo un bel Petrarca nuovo nuovo, edizione Barbèra; gli propongo un barattino, ma l'amico di Castelnovo cominciò a taroccare che il suo costava dieci lire e tira e molla, glielo portai via col patto che gli avrei rifuso un cavurrino: (fu quello il mio primo debito); fu un debito caro, anzi carissimo perchè mi sprofondai nello studio della fisica e chi mi voleva trovare doveva cercarmi ben bene, nascosto com'ero in un baluardo, a mettermi a mente tutto quel librone, che, per i principianti credo sia sempre il migliore.
      Un altro bel tipo di professorone era il Santarlasci, di calligrafia: permaloso, suscettibile, sofistico, pretino, bizzoso; l'aveva di tutte. Quanti zeri! come piovevano sulle mie povere spalle epiteti lusinghieri come questi: «Lei sarà sempre un ciuco; lei è una bestia; lei è un asino calzato e vestito; ma perchè ci viene lei a scuola, a scaldar le panche?


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





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