I Vespri Siciliani. Gliela schiccherai come un pappagallo; date, nomi, descrizioni, tutto; (nientedimeno l'avevo studiata sul Sismondi) fu una fortuna per me; mi chiama alla cattedra e mi dice: «O dove hai imparato questo così bene?» mi stette a sentire,e mi disse: bravo, seguita sempre così che diventerai qualcosa.
M'infervorai talmente a quella lode e mi parve così sincera, che non v'era lezione che il buon Del Carlo non mi chiamasse a ripetergliela; ne divenni il cocchino e l'aiutante; mi metteva accanto a sè a ripeter la lezione per lui, e ebbi dopo il piacere durante il 3° anno di dettar la storia solo da me.
Non si creda però, che il professor Del Carlo avesse un carattere volubile e prendesse, come si suol dire, delle simpatie: oh no; era un insegnante abilissimo, che accoppiava alle alte doti della mente anche quelle del cuore; per lui, la scuola era un tempio; la cattedra un altare, guai, a chi si fosse permesso una risatina, un frastuono, un'interruzione fuor di tempo; diventava rosso come i suoi capelli, scoteva la zazzera, che gli spioveva abbondante sul collo, e cacciava fuori certe urla che facevano tremare porte e finestre. Noi però gli volevamo bene tutti, e l'accompagnavamo fino a casa, all'uscita di lezione, facendogli un lungo codazzo; meno due o tre (i soliti fannulloni e svogliati che vengono a scuola senza saper mai la parte e che distraggono gli altri con mille buffonerie), si può dire che i corsi del prof. Del Carlo fossero veramente il modello - e servissero d'esempio a coloro che dovrebbero capire come si deve insegnare a' giovani.
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