Un giorno ritornando dal nostro gioco, del Pallone, (saranno state le 6 o le 7 di sera e cominciava il crepuscolo) stavamo per imboccare in Piazza Grande, quando ci trovammo sull'angolo dell'allora Caffè Manacci, oggi Caffè Dinucci. A un tratto ci vennero addosso 6 o 8 soldati con le sciabole sguainate; erano sergenti di cavalleria; quegli energumeni parevano impazziti: presto presto chi scappa di quì chi fugge di là: si serrano le botteghe, i caffè; la gente non sa più dove ficcarsi; donne e uomini spaventati gridavano: ajuto; curiosi spenzolati alle finestre urlano e fanno cenno a gruppetti di soldati e guardie di accorrere a quel serra serra: i sergenti, o pazzi o ubbriachi io non so, tiravano giù botte da orbi e piattonate da far paura.
Ferirono diversi: ricordo una povera signora tutta grondante di sangue stramazzata a terra; il povero Maggiora, un nostro amico di casa e amicissimo di mio padre, ebbe la mano destra spaccata da un tremendo manrovescio d'uno di que' forsennati; Carlo ed io ci trovammo in mezzo a quel trambusto senza poterci raccapezzare: io mi messi dietro un tavolino di marmo mi sfiorò un colpo di sciabola, che strisciò sul marmo e alzò mille scintille e scheggie, che mi punzecchiarono il viso perchè il primo movimento mio fu di precipitarmi sotto il tavolino.
Come Dio volle si fermarono; perchè essendosi sbandati; (correvano ognuno per conto suo) chi di qua chi di là; i soldati stessi, e de' cittadini, poterono finalmente aver ragione di quegl'indemoniati, li disarmarono, li legarono come salami trascinandoli a San Romano.
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