A volte il nonno mi dava la chiave in studio (che era a terreno) e mi diceva di portargli il tale o il tal'altro libro: andavo a prenderlo, ma non serravo la vetrina; poi di notte, quando tutti dormivano, adagino adagino, strisciavo a piedi nudi al caro tesoro; pian pianissimo slargavo i vetri, afferravo il libro e via a letto! A sentir quell'odorino di stampa nuova; quel profumo, noto a me solo, della libreria; quel fąscino di aver fra le mani un'opera il cui autore mi pareva un essere soprannaturale.... non v'č penna, no, che possa descrivere l'ebbrezza che provavo, nel mistero della notte e all'insaputa di tutti, e un pocolino anche per quel senso che deve dare un furto ben riuscito.
Or avvenne una volta che, o fosse arrugginito un ganghero della vetrina, o che la paura mi facesse far troppo lesto.... cri... cri... cri... uno stridente cigolio riecheggia nel cupo silenzio della mezzanotte! fermo lģ, col cuore che me lo sento battere in gola.... un profondo: «Chi č lą!» rintrona per la casa: non ho il tempo che di correr via e ficcarmi tutto tremante sotto le lenzuola. Sento le pedate gravi del nonno, e una striscia di luce illumina la parete della mia camerona: era lui; veniva a strologare chi diamine fosse a mover le porte: trova la vetrina aperta e lo sento dire: - «Benedetto ragazzo, si scorda sempre di chiudere!».
Quģ il lettore mi dirą: - «Bravo signor ipocritello; - bravo, ci dice con franchezza e si scusa quasi da sč d'essere stato ladro...»
Questa osservazione č giustissima; purtroppo lo vedo anch'io che, o volere o no, mi tocca il titolo di ladruccolo e me lo merito.
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