La fanciulla aveva la carnagione moretta, con quel roseo paonazzo dei climi caldi; i denti bianchi come l'avorio; una bocca di fragola; la fronte pura come un'aurora d'aprile, e sotto due ciglia nere come i capelli corvini, brillavano due fiamme ardenti, accesevi da una luce celestiale a crearvi la poesia dell'anima siciliana, nel molle abbandono d'un temperamento di fuoco che non ha uguale nel resto d'Italia, ma che par che dorma sotto l'indifferenza e la pigrizia dell'anima.
Poco durò il mio aiuto; ma, ahimè, codesta creatura divina, accese nel mio piccolo cuore ancor vergine delle prime sensazioni, una fiammolina lenta e insidiosa che mi perseguitò assai tempo. Io la vedevo recitare col mio fiammante vestito soldatesco; tutti la salutavano, l'applaudivano, la complimentavano; era la fata di quelle riunioni; sentivo nascere nel cuore un insieme di gelosia, d'invidia, di dolore, di malinconia, e una voglia di pianto che mi consumava: oggi saprei indovinare che cos'era!
Il giovedì, quando le ragazzine uscivano a passeggiare sulle Mura, mi preparavo due ore prima in un certo luogo, a un certo albero, con un certo libro, facendo finta di studiare, ma col cuor che palpitava; con una nuvola nera sugli occhi... e tremavo..... di che? di cosa avevo paura? chi sapeva che io ero là nascosto, trepidante? oh, Carmela lo sapeva! io la vedevo, adagio adagio, rallentare i passini incerti, e le nere gemme de' suoi occhi penetravano dentro nell'anima, me la frugavano commovendola profondamente e lasciandola turbata ma felice, come d'una felicità che non si può descrivere.
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