... poi il mare, è stato il nostro padrino, e Dio lo sa quante libecciate e quanti scirocchi ci soffiorno alle spalle - eh vecchio! - a me e a voi, - fin da quando di dieci anni, s'ingabbiava la tela sulle nostre barche. Ora voi - pover'omo - non avete più nulla..... e a che vi serve lagrimà? rassegnatevi Felice; e voi Annina, asciuttatevi l'occhi, rimettetevi alla Madonna de' dolori, che vi vol più bene che non credete. Animo, ragazzi: (questo lo disse voltandosi a' mi' figlioli che stavano ingrugnati in d'un canto e si mordevan le mani) - animo Paolino, e voi Menico; ora non è tempo d'esse ragazzi: bisogna lavorà pe' vostri vecchi: c'è tempo a tutto e Dio vi ridarà quel pane che avete perduto, purchè vi rimettiate al mare come sempre, con fede e bona volontà. M'avete salva la vita, e dunque l'avete ridata anco alle bimbe: Celestina e Assunta, dèccole lì vive e fiere; e vojaltri - giovinotti dèccovi qui franchi e arditi come prima: du' soldati di Garibaldi nun hanno a piange; tutto passa; si sa il mare ne fa di 'vesti scherzi: oggi a te - Felice, domani a me: niente paura, e voi, giovinotti, ch'avete visto le rene a' croati e ai borboni, su, nun istate a stintignà: tutto passa al mondo; il libeccio tornerà e ci troverà più forti e ni faremo vède che sèmo sempre li stessi e che abbiamo fede in chi sa pagare senza stintignare in der conto.
- «Io ho un grosso debito co' vostri ragazzi (e si voltò da Annina) e ve lo voglio pagà a mi' modo: poi rivolgendosi di novo a' giovinotti ni disse: O ragazzi: queste du' figliole vi garbano? a Celeste ni darei Giuseppe Padre, e a te, Assuntina, l'Assunta in Cielo, le barche ènno bone e le bimbe sane e di core: Menico, sposatevi Celeste; e voi Paolino, pigliati la mi' Assunta.
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