Pietrino Malfatti, Vincenzo Arrighi, Carlo, io: che gabbia di matti, che casa di piacere, che castello incantato.
Al Sabato veniva da Lucca col nonno un suo giovane di studio che io chiamerò Innocente Beffati; cotesto povero giovanetto, lungo, secco, allampanato, timido, e impacciato, era proprio la figura di don Chisciotte o come si dice in buon toscano, il vero tipo nato e sputato del Bietolone. Non c'era burle che non gli fosse appioppata a lui.
Quando ripenso a Cencio Arrighi, nella parte di Norma, con capelli fatti di treccie di canapa, i baffi inbiancati colla polvere di gesso, le occhiaje dipinte di nerofumo, prender per la mano quattro vecchioni della combriccola, (compreso il nonno che scotendo il grigio capo si prestava di buon grado a' nostri svaghi) e con una voce che pareva quella di una gatta scorticata cantare in falsetto: «Vedi, o Norma, a' tuoi ginocchi, questi cari tuoi pargoletti».....
A lui i bagni freddi, i colpi di sciabola, li sgambetti, le sopraffazioni più temerarie. Povero Beffati; l'ultima burla, poi, fu terribile, e tale che ci rimise la pelle, dopo un anno di crepacuore come sentirete.
Veniva da Firenze, con Sofia, una sorella che si chiamava pure Fanny; bella ragazza fiorentina, bofficiona e allegra, che avrebbe ballato in un cimitero: costei si propose d'innamorare quello sfortunatissimo scimunitone e non le riuscì difficile, data l'innocenza verginale di quel povero diavolo tirato su dalla mamma a biscottini e a paternostri, novene e giaculatorie per le chiese di Lucca, vero tipo del giovanotto timorato di Dio e de' Santi.
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