Tutto arrabbiato, l'aspetto fuori per dargli due lecche. Eccoci varj amici sul Baluardo San Donato: volano pugni e schiaffi; me lo metto sotto i ginocchi e gli sfascio il naso come a un gatto; gli schizza il sangue dal naso e dagli occhi; brutto e sbilenco quel mostriciattolo aveva un bazzone ridicolo che pareva una ciabatta. A un tratto mi sento bucare a destra, da due punte fredde acutissime; era un colpo traditore di compasso che mi vibrava colui per liberarsi da me. I compagni l'afferrano, lo trascinano verso le mura, lo vogliono buttar di sotto. Tutto insanguinato nella camicia, corro glielo levo dalle mani e: «Vattene, canaglia ipocrita, e pretaccio - gli grido - vattene che poi ti concio io con lo zio»
Era suo zio un fratone Camaldolese alto alto e pelato come una patata, anzi addirittura una testa di morto; e vera testa di morto era il frataccio; un teschio secco e piccolo, con due occhiaje profonde e dentro a quelle, due occhietti d'avaro, con sotto un naso piccolo a palla, su una bocca sdentata e grandissima che s'allargava su due mascelle flosce e cascanti: vestiva un tonacone bianco svolazzante; chi non ricorderà a Lucca frate Garbesi? A costui (che stava di casa quasi in faccia a noi) io facevo il ritratto o caricatura, che andava in giro ne' caffè di Lucca, con grande risate de' conoscenti: uno di cotesti ritratti attaccai io un giorno alla porta di casa sua, ed egli lo staccò ridendo e venne da noi, umanamente dicendo - «Non credevo che dopo essere stato da Vittorio il re sabaudo che aveva soppressi tutti gli ordini religiosi (cosa di cui gliene va resa giustizia) non voglio essere sfratato da te! ti sfido a far quel che faccio io» - «E cosa fa lei?
| |
Baluardo San Donato Camaldolese Lucca Garbesi Lucca Vittorio
|