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      - rispondo, vediamo.»
      Mi fa andare in una stanza vicina, chiude ermeticamente la porta e poi.... comincia a suonare il flauto.
      Era una musica magnifica; le note dolci e soavi, i crescendo più tempestosi, le cavatine più delicate, le cabalette, i rondò, i pezzi di spartiti più in voga e più noti, uscivano dal suo flauto in onde di così armoniosa dolcezza che si dimenticava quel suo grugno arcigno e di macacco.
      Gli applausi della compagnia, salgono alle stelle, bravo, bene - si grida - io ritorno in galleria. «Bravo sor Giuseppe, gli dico: maraviglioso - ma, ci vuol dimolto a suonare il flauto, come fa lei, che chi sa quanti anni ha studiato: «T'inganni, Giulio; io non ho nessun flauto. Impossibile, grido io.... sì, no; tutti m'accennano che ha detto il vero e io insisto per udirlo ancora; e il bravo frate, senz'altro istrumento che quelle labbraccie rattrappite, sottili come due lame di rasoio, e con una lingua che doveva essere agile come quella di un usignuolo, mi ripete due o tre magnifiche suonate.
      Stetti otto giorni a fischiare da me e me, e a forza di provare e riprovare, dopo una settimana non volli restare sotto a lui e lo feci tornare e fischiai e bene e mi disse ridendo che ero un diavolaccio. Ho poi avuto codesta facilità per molti e molti anni e a' miei amici che si maravigliavano quando sulla chitarra, eseguivo alcuni difficilissimi pezzi del Verdi, raccontavo loro la storiella e come avevo fatto a imparare.
      L'emulazione, questa gran sorella della curiosità, credo sia nata in me con l'intelligenza, e se ho fatto qualcosa, lo devo attribuirlo unicamente a lei.


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La vita di Giulio Pane
di Giulio Tanini
Tipogr. Waser Genova
1922 pagine 497

   





Giuseppe Giulio Verdi