Le donne si figuravano che sarei stato mezzo morto di paura anch'io, si misero a ridere a più non posso e così con qualche barzelletta le rimise tutte in cenci.
Era un magnifico terremoto che, come dissero, da tant'anni non s'era sentito l'uguale; i miei, che erano senesi (e si sa che a Siena i terremoti ci stanno di casa) dicevano che da cinquanta o sessant'anni non s'era ripetuta una cosa simile. Fece de' mali, in quà e in là, e tutto passò: questa cosa dette a me argomento di fare il saccente, con una buona lezione di fisica terrestre che le donne e i contadini stavano a sentire a bocca aperta, senza capir nulla.
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Il 1869 lo posso annoverare fra uno degli anni, dirò così delle grandi occasioni: venne mio padre a passar qualche giorno con noi; lui disse per vedermi; ma seppi invece che era venuto per mungere denaro dalle tette grasse del buon Policarpo.
Avevo adorato mio padre alla follìa, anche quando mi dava poco da mangiare, picchiava sodo, e mi trattava con una severità prettamente soldatesca; rivederlo dopo quattro anni, mi fece un effetto strano, doloroso e triste: un miscuglio d'amore e gelosia, perchè pensavo: - «Se tu hai avuto core d'abbandonarmi quasi bambino, nel colmo dell'inverno, e te ne sei andato in fondo all'Italia; ti sei fatto un'altra famiglia; hai un'altro figlio; e ora vieni qui a mortificarmi e gridarmi per dei nonnulla; rinfacciandomi ogni poco che non ho voluto fare il soldato ecc; e per di più m'obblighi a scrivere alla seconda moglie, sforzandomi a intestare la lettera «Cara mamma»... pensavo, dico: O che padre sei tu? e così lo schivavo più che potevo e me n'andavo a caccia.
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