Ora una mattina avvenne, mentre me ne stavo sur una proda all'aspetto di uccelli di passo; di sentirmi chiamare da una contadina del Bottini, la quale trattomi in casa in aria di gran segreto mi dice:
- «Sor Giulio, abbia pazienza, ma guardi che c'è Tonino del Merlo che va dicendo a tutti che vuol tirare una schioppettata al su' babbo, che ha saputo che è qui. Ma per l'amor di Dio, non si lasci scappar di bocca che gliel'ho detto io, se no mi ammazza».
Rimasi di stucco: pensai un pò fra me e me, e mi balenò subito il rimedio. Raccontarlo a mio padre, sarebbe stato lo stesso che dirgli: vai a ammazzare Tonin del Merlo, perchè mio padre non era uomo da farsi tirar da nessuno e avrebbe affrontato il contadino, e gli avrebbe tirato come una bodda; tornai subito a casa, chiamai la zia Fanny, le racconto per filo e per segno quel che m'aveva detto la Nena, e con lei ce andammo a casa di quel Tonio, che era vicina al luogo detto Paradiso.
Entriamo: l'uomo era a una tavola con uno schioppo fra le gambe; nel veder me e Fanny si rizzò dalla sedia, si cavò il cappellaccio, e la Fanny pronta senz'aspettar altro gli sfoderò questo discorsino:
- «O Tonino, m'hanno detto che voi avete giurato di voler ammazzare mio fratello il tenente (mio padre non era ancora andato agli esami a Modena, come voleva la legge di Vittorio pubblicata in quell'anno); il babbo di questo giovane; (e mi mise una mano sulla spalla) cosa v'ha fatto, perchè lo vogliate ammazzare?».
L'uomo, che quando eravamo entrati pareva un orso, divenne tutto manieroso a un tratto e rispose:
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