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Non posso fare a meno ora d'aprire una digressione per studiare due gravi, anzi terribili problemi: se li lascio cader dalla penna, commetto una mancanza gravissima; se li tratto con quell'ampiezza che meritano, il mio povero libro straboccherà di pagine forse inutili per chi legge, e chi legge è come l'avventore d'un oste; paga? vuol mangiare buoni piatti; compra il libro? vuol leggere e svagarsi.
Sta bene; ma io non ho mica detto a nessuno di comperare il volume: dunque, voglio usare del sacro diritto di scrittore. Scriverò per me, e mi leggerò io. Dunque avete capito se v'annojate, dopo queste pagine c'è un altro capitolo.
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I problemi sono questi: il militarismo; la paternità.
Sul militarismo hanno scritto uomini di vaglia, analizzandolo in tutte le sue mostruose violenze, studiandolo nella sua aggrovigliata e laberintica deformazione che non lascia vedere, sotto l'esteriorità e le apparenze, quanto d'infame, barbarico e tirannico stia annidato sotto la superficie lustra e abbagliante.
Le nazioni di tutto il mondo mantengono numerosi eserciti, e vi profondono tesori incalcolabili con la simulata speciosità che se non mantenessero numerose truppe armate e formidabili contingenti in piede di guerra, le altre nazioni salterebbero loro addosso, le conquisterebbero e imporrebbero loro la tirannia più odiosa rendendole schiave.
La statistica ci dà la cifra dei milioni che ogni popolo della terra è costretto a sborsare ogni anno; cifra paurosa.
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