Per arrivare alla mia stanzetta, si attraversava - come l'ho già raccontato, un gran numero di buchi e sottoscale, che obbligavano a chinare il capo ogni poco per non spaccarselo contro le travature e le sporgenze di sostegno del tetto: c'era costì (e l'avevo visto diverse volte) una specie d'usciolino che stava sempre serrato, e la cui chiave nessuno sapeva chi l'avesse.
Una sera, punto dalla curiosità di veder dentro alle segrete cose, con un chiodo e una tanaglia mi riescì fatto di toglier la toppa e aprire il ripostiglio segreto che tanta curiosità aveva destato in tutti noi.
Apro dunque l'usciolino, e m'avanzo carponi tenendo in mano il solito mozzicone di candela per rischiararmi il cammino: in terra, quasi sull'entratura di quel pertugio scavato nella soffitta, c'era un sacco di canovaccio, con la bocca aperta che pareva contenere del carbone; ma un carbone speciale, lustro e in granellini luccicanti al riflesso dei raggi smorti del lume.
Avanzo un braccio sporgendo la candela sul sacco per veder bene che rob'è quella cosa nericcia, ficco la mano dentro e tiro fuori una manata di..... polvere di Stazzema.
Tutto contento, me ne fo una cartata, e poi richiudo, alla bell'e meglio e torno giù a raccontar della scoperta.
Il terrore si dipinge sui visi della gente di casa: tutti guardano quella cartata di polvere con occhi spiritati. Le donne s'alzano tremando: gli uomini vogliono vedere; si va su, apro, e il nonno col lume a petrolio, ma a distanza rispettabile, con lo sgomento sul viso si persuade che avevo proprio ragione: avevamo in casa una polveriera!
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Stazzema
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