Vi lascerò immaginare il putiferio che nacque: chiamarono il nonno: gli dipinsero me come un forsennato, un bandito, uno scampaforche: quella birbona - tutta in lacrime, voleva vendetta... ma dico, a onor del nonno, che una parola che una parola non uscì dalla sua bocca: sapeva che avevo ragione.
Troppo bene capiva, il brav'uomo, che io avevo ragioni da vendere: carattere debole, ma generoso, simulatore e pauroso.... prese una risoluzione: scrisse alla zia Fanny (che era andata col marito a Firenze) che mi raccomandasse a Nando il quale non pose tempo in mezzo; e una mattina mandò un dispaccio secco secco: «Venga Giulio: impiego ferrovia.»
Che giornata! avevo piacere d'andarmene, ma ero ragazzo ancora e sentivo vivissimo affetto alla città, alla casa, agli amici, a' miei libri. Addio sogni nutriti nella mia stanzuccia e che m'ero scaldato come una seconda vita più luminosa e più dolce: addio Carlino Bini, che tante gioje tranquille avevi diviso meco; addio Viareggio, addio Gragnano, quello pieno di sogni de' primi palpiti giovanili ricordando quella persona ingrata, volubile e fallace che dopo la mamma, avevo amata più di tutti, sentivo qualche cosa d'indefinibile; mi pareva d'essere abbandonato; amore, dolore, malinconia, ambizione, rammarico, disprezzo per l'inganno e la lusinga e quel Gragnano che era stato il mio paradiso, il mio svago, il quale aveva così bene contraccambiato le mie illusioni ne' suoi segreti boschi, su le montagne tra que' castelli di Monsummano della Pieve, di Collodi e di Pescia; tutti luoghi ameni da' quali si scorgeva attraverso la Val di Nievole la campagna fiorentina, e a occidente la lunga catena delle Pizzorne, note a me quasi quanto le vie della nobile etrusca patria mia, così cara, così silenziosa, così adatta agli studi; per la sua musica, le sue fanciulle belle, aperte, gentilissime.
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