... i rimasugli di tutti, e uscivo da tavola con una fame lupina. Mi sfogavo a necci e a castagne arrostite e a pattona e migliaccio, che a Firenze ce lo fanno bonissimo. - Tutto il male non viene per nuocere: dicevo fra me; dopo il tempo bello, viene la burrasca - e burrasca l'era purtroppo; prima di tutto mi pagavano uno stipendiuccio da affamati: cinquantacinque lire in tutto! cinquanta le pigliavano loro per il trattamento come lo chiamavano; poi bisognava che stessi buono e tranquillo, perchč l'antifona era sempre la stessa: - Oh! se non ti porti bene, quella č la porta, - E io zitto e facevo penitenza, e bevevo acqua.
Quando ripensavo al trattamento in casa della nonna, quei pranzi, quelle bisboccie in campagna e in cittā, quella ricchezza d'ogni ben di Dio in casa e a tavola, dicevo tra me e me: dei nonni Policarpi ce n'č uno al mondo; ma poi pensavo: - Eri contento di mangiar pane a ufo, in casa d'altri, senza far nulla? Almeno qui mangi del lavoro tuo e sei un omino: - e mi consolavo.
Eppure lo zio era anche ricco! aveva avuto, č vero una infanzia e una giovinezza amarissime, come l'ho giā detto; ma un bel giorno, a un tratto, quando meno ci pensava, e pareva che i tempi volgessero veramente al peggio e il lupo urlava alla porta di casa sua, non bastando il misero stipendiolo che aveva d'impiegatuccio municipale e le lezioni della zia Adele; gli era arrivato come un fulmine a ciel sereno un telegramma da un notaro di Siena, comunicandogli la morte dello zio Giovanni, che gli aveva lasciato 62 mila lirette e la Farmacia del Casato, dove era la nostra casa antica.
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