Non l'avessi mai fatto! Era ranno col quale, si sa, le donne rigovernano i piatti dopo desinare: la donna nella furia d'andar fuori - non l'aveva vuotato, e io alle fiamme che già mi dilaniavano, aggiunsi l'ardore martirizzante della potassa.
Pensate ora se io mi trovassi sur un letto di fiori, con le mani che ardevano come due carboni; le braccia, fino al gomito piene di zolfo e di guttaperca attaccata alle pelle; con le giunture della dita che colavano sangue; disperato per non saper come fare a attinger l'acqua dal pozzo (uno di quei pozzi profondi sei piani delle antiche case fiorentine); erano a malapena le quattro e sapevo che la zia andava al Pagliano e fino alle undici o dopo non sarebbe tornata, e la Marietta pure ritornerebbe alle sette: avevo dunque due o tre ore da soffrire le pene dell'inferno; e pene dell'inferno davvero furono; giravo per que' cameroni spiritato, ora mettendo le mani nel catino che bolliva, ora ne' mesciacqua delle camere, mezzi vuoti perchè fino all'indomani non li riempiva.
Come Dio volle, alle sette sento sonare il campanello: era la donna tutt'ilare e contenta che ritornava; con le mani dietro la schiena, per non impaurirla le dico:
- Presto, Marietta, per carità tirami su una secchia d'acqua.
- Ma... cos'è stato?
- Via, via, acqua, acqua che brucio!
Tutta spaventata, corre al pozzo; e intanto io le racconto la disgrazia. Viene l'acqua fresca, dentro le mani fino al gomito! che refrigerio, lì per lì, che bene, che sollievo.
La povera ragazza vola giù dalle scale; scende alla Farmacia di Sant'Antonio; dopo cinque minuti ritorna con un'acqua bianca e limpida che - dice - devo metter sulle carni bruciate: mi taglia le maniche via la giacchetta: bagna.
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