Ed ecco ora mi si presentava un'occasione di gran noja; perchè rustico e poco amante di chiacchiere, mi vergognavo di tutto e di tutti e non avrei fatto uno sforzo per piccolo che fosse per mettermi a ciarlare con nessuno; e in conversazione, ci stavo a disagio; non lo facevo nè per boria nè per ipocrisia ma semplicemente per un sentimento invincibile che è stato sempre incentivo irresistibile in me, d'imparare quant'è possibile per non rimanere indietro a nessuno, ma nella mia solitudine e per me.
Ora, dunque, mi trovavo a gran disagio: m'avevano sempre parlato di questa cugina Virginia, come d'un fenomeno raro d'erudizione: la dicevano istruitissima nelle lingue (ne conosceva tre o quattro) era musicista, poetessa; di sentimento squisito e... bella poi - come dicevano - d'una bellezza unica più che rara.
Fra poco, dunque, io mi troverei dinanzi a questa creatura venuta apposta da Siena per conoscermi e parlarmi: sentivo, in me, come un impulso strano di fuggire, di mettermi al sicuro, nascondermi... fare il silenzio intorno a me, ravvolgermi ancor di più nel mio mutismo e nel mio segreto, perchè pensavo se costei è dotta, io chi sono? una perfetta nullità; lei donna, ne sa più di me; io ragazzo ancora entro nella vita e... quanto cammino ho da fare prima di raggiunger la mèta.
Mentre, tutto agitato e nervoso riflettevo a questa nojosissima combinazione, sento suonare il campanello di casa, aprire, e una voce argentina, chiara, sonora, simpatica, riempie, come colpi d'un'onda soave, tutta la casa.
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Virginia Siena
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