Cor magis tibi Sena pandit, dice la bella iscrizione che si legge appena ci s'affaccia alla porta Camollia, come dolce, gentilissimo augurio ospitale della vetustissima città Etrusca. E sentivo davvero tutto il dolce sentimento che una contrada così bella faceva nascere in me:
Salite il monteVarcate il piano
Vedrete Siena
Poco lontano.
Questi versicoli mi ritornano a mente, ora, con l'istesso senso che mi facevano quando me li ridiceva, ridendo, la povera nonna.
Quando, per il corso stesso degli eventi e degli anni, l'uomo ha avuto l'occasione di cambiar città e paesi, popoli e nazioni, usi e costumi, civiltà e governi diversi; se posa un istante col suo pensiero, facendo scorrere sulla tela della sua visione interna, tutte le cose maravigliose e terribili, soavi e placide vedute, sentite, amate, non può fare a meno di soffermarsi con più desiderio, con più rammarico, con più malinconica nostalgica su quel paese e su quella città che più lo colpì nel corso affannoso della vita. Egli la rivede, quella città cara al suo cuore, come sorger su su nel suo pensiero e distendersi armoniosa e bella entro un velo di luci, sulla campagna fiorente; la sogna, e gli sembra d'esser tornato giovine come quando ne passeggiava ozioso e dinoccolato le amene contrade; ne rivede, così vivide e forti, così dolci e così esatte, tutte le care memorie de' giorni che vi trascorse, ci visse, sin che c'ebbe un legame, che ne accentuarono l'imagine, che ne scolpirono a colpi di cesello l'indelebile ricordanza, e destandosi, e riconoscendo l'errore, e accorgendosi che tutto era vano, che tutto non era che la fantasima dormiente: gli sembra sempre più incresciosa, più amara, più pesante l'ora presente, e sospira.
| |
Sena Camollia Etrusca Siena
|