Tanto era forte in me l'amore ideale che sentiva per quella fata, che mi sarebbe sembrato sciupare, macchiare, perdere la santitą della passione che nutrivo per lei se io mi fossi approfittato di quel corpo che si affidava alle mie braccia come la sposa vergine e innocente s'affida a quelle del suo compagno per sempre. Fu passione immensa in me e in lei: puri e casti erano i nostri baci, nč era possibile che fosse altrimenti, poichč tanto lei che io sentivamo, con troppa intensitą, un affetto ideale che l'unione dei corpi avrebbe impiccolito e sciupato. Guai (ne sono convinto) guai, se i diritti della natura, avessero vinto sulla lotta appassionata del nostro sentimento platonico. La bella e candida statua di neve e di fuoco che noi tenevamo fra le nostre mani e che modellavamo con un coltello fatto pił acuto dalla nostra passione costretta e violentata, sarebbe caduta disciolta e distrutta ai nostri piedi, tramutata in uno schifoso monticino di fango, come infatti dipoi avvenne.
Sia benedetta, dunque, quella ferrea onestą che in quei tempi ci premunģ contro ogni pericolo, contro il fine disonesto della degenerazione d'un affetto che ci sembrava assolutamente immortale! Non vi fu colpa allora; e Virginia si ritraeva, allo spuntar dell'aurora, alla sua cameretta altrettanto pura quanto la verginella che trepidamente s'accosta al suo talamo, dove s'infrangerą coll'amore, la soave illusione d'una cosa che anima la materia e che la fa parer cosa divina, una fantasima, l'ombra d'un sogno in un altro mondo pił bello, pił casto e pił buono.
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Virginia
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