Godeva e s'estasiava il cuore nella finezza amara della passione e si consumava come la cera, per soverchia fiamma. Quante e quante volte, dipoi, in tempi amaramente infelici, non sono tornate a vezzeggiar meco le tue parvenze o Virginia!.. E quei sogni!.. E quei palpiti!.. E quelle battaglie del nostro cuore, del nostro cuore infranto, in una lotta contro l'appassionata natura che voleva vinte in noi, le leggi della vita. Eppure trionfammo, Virginia; e fummo (ricordi?), puri e incolpevoli; e potevamo, serenamente, baciare la fronte e le labbra del tuo sangue che veniva folleggiando a noi d'intorno, ignaro e confidente: Lucietta!
Io ricordavo i versi del divin poeta e li declamavo in preda al furore e vi piangevamo insieme:
«O Nerina! e di te forse non odoQuesti luoghi parlar? Caduta forse
Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita,
Che qui sola di te la ricordanzaTrovo, dolcezza mia? Più non ti vede
Questa terra natal: quella finestra,
Ond'eri usata favellarmi, ed ondeMesto riluce delle stelle il raggio,
È deserta. Ove sei, che più non odoLa tua voce sonar, siccome un giorno,
Quando soleva ogni lontano accentoDel labbro tuo, ch'a me giungesse, il volto
Scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoiFuro, mio dolce amor. Passasti ad altri
Il passar della terra oggi è sortito,
E l'abitar questi odorati colli.
Ma rapida passasti; e come un sognoFu la tua vita. Ivi danzando, in fronte
La gioia ti splendea, splendea negli occhiQuel confidente immaginar, quel lume
Di gioventù, quando spegne il fato,
E giacevi.
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Virginia Virginia Lucietta Nerina
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