- quella gentil damina, col nasino ritto e un sorriso furbesco ti mira, e rimira, come se si fosse accorta che soffri; quel giovincello che corre con l'aria del me n'impipo, t'urta, ti fa girar su te stesso, e manca poco che tu non perda quel po' di sangue freddo che hai tenuto in serbo fino allora, mordendoti la lingua o il fazzoletto.
Orbene, la prima notte che io dormii in Orbetello alto, m'avvenne di trovarmi in un caso di questo genere. Non so come avvenisse; forse m'era piaciuto troppo uno stufatino alla fiorentina, co' fagioli; o che avessi bevuto (s'era in ottobre) del vin novo; il fatto sta che, verso il colmo della notte, i fagioli e il vino chiesero conto alle mie dolorose viscere, dell'improntitudine della gola, minacciando prendersi una soddisfazione sui generis. Presto presto, salto il letto... ma un pensiero spaventoso mi balena subito alla mente: m'ero dimenticato di domandare al buon Saccoccione, dov'era il monumento Vespasiano: l'osteria affittava anche letti per la notte; tutte le camere appunto erano prese; si capiva benissimo dal corridoio, che, gli affaticati viaggiatori błtteri e mercanti di campagna, dormivano come ghiri risonando come tanti tromboni...
Il padrone s'era ritirato in una specie di soffitta all'ultimo piano; chi sveglierei per chiedere quello che m'abbisognava? Un pensiero, rapido come il baleno brilla nel mio cervello! Non c'č tempo da perdere: un mezzo eroico puņ solo salvar la mia infelicissima posizione (credo che ancor voi - lettori miei oziosissimi - avreste fatto lo stesso); depongo il non soave carico nel turibolo notturno, apro le impannate della finestrucola del mio abbaino e pongo sul davanzale esterno l'ingombrante testimone del delitto: poi, adagino adagino, riserro.
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Orbetello Saccoccione Vespasiano
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