Pisa - si sa - è un centro di movimento ferroviario importantissimo, ora; ma anche in quegli anni (così lontani ormai da noi) non scherzava: il personale era poco: si diceva che Livorno, invece, era una sinecura... aria buona... belle bimbe... e poi c'era il mare, i Quattro Mori... Via a Livorno: e a Livorno andai, glorioso e trionfante, e in nome d'essere il più bravo telegrafista delle Romane.
CAPITOLO XXIV.
Livorno, mi rimarrà sempre in mente per il suo porto splendido; le belle ragazze da' begli occhioni, e i piedini con gli zoccoli; i Quattro Mori; i quattro serpenti dei miei compagni d'ufficio e per Giulio del Giapponcino, il più buon uomo che abbia conosciuto al mondo. Era un ometto basso e corto di gambe, con un visoccio rubicondo e grasso, e un par d'occhietti chiari che gli ci rideva il contento dentro: era biondo e aveva una vocetta chiara e simpatica. Non so perchè, appena gli fui presentato da Gigi del Re, m'aprì credito con queste prette parole livornesi: - Sor Giulio qui lei ci pol trovare di tutto, condito co 'l bon core: dunque mi dica subito che cosa ni devo portà che 'n quanto ar conto pagherà anco lei quando piglia e' pispoli.
Il Giapponcino era allora - (chi sa ormai se c'è più, chè son passati tanti anni!), un'osteriuccia fuori di porta Garibaldi in un luogo detto «Torretta» e lì noi ci facevamo il nostro recapito con gli amici di Livorno: - T'aspetto a Torretta - voleva dire che la sera si mangiava lo stufatino, le triglie alla livornese, si beveva un vinetto del Chianti che pareva rosolio, e poi si ballava fino alle due.
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