Ne feci gli esperimenti con amici compiacenti della linea, durante il servizio di notte e ne parlai così, accademicamente, co' miei colleghi d'ufficio, parendomi che non vi potesse esser pericolo che mi rubassero l'idea. Invece il pisano Sighieri giallo e invidioso come Adrasto, fece tesoro delle mie idee, ricopiò alla meglio i miei piani e poi, un anno dopo, quando io ero già lontano da Livorno, scrisse una relazione al Caposervizio, rivestendosi con le penne di pavone; e facendosi onore col sol di luglio. Ebbe incoraggiamenti e una bella lettera d'encomio. Io non seppi mai dell'audace furto, se non dopo varj anni; quando cioè il cav. Gabbriello... stesso me ne fece cenno in una sua ispezione di prova del sistema - che modificato da lui - passò poi per sistema Becherucci. Io gli dissi che ero stato ingannato; scrissi rivendicando la mia idea; rispose che gliene era stata confermata la verità dal Re, (l'amico Gigi) e dal gobbo citati come testimoni; che però io non avevo mai scritto nulla e quindi non avevo diritto a lamentarmi; e questo era vero, pur troppo. Ma fu anche purtroppo vero che - correndo gli anni, avendogli scritto e mandato un progetto di mio capo, d'un'altra invenzione (come dirò a suo tempo), non soltanto non mi volle prestare orecchio, ma, quasi quasi mi sbeffeggiò e non m'incoraggiò punto... sempre con quel preconcetto che io non ero uno stinco di santo, non ero dei suoi; e perchè.... non avevo peli sulla lingua.
Costì mi successe un fattarello allegro che ricordo anche ora con un misto di timore e di buffoneria: o sentite come si può montare una scala di 235 gradini e scenderla senza piedi, volando con la testa e con le mani.
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