S'andava, spesso, con un carissimo amico senese (certo Fineschi) a zonzo per la città, specie nell'ore de' gufi e de' pipistrelli, a caccia di civette e d'altri uccellacci di quella stoffa: l'amico Gigi - vecchio barbagianni ammaestrato - ci disse una sera che ce ne stavamo centellinando il poncino al caffè della Posta; che una civettina di prime penne bisognava andarla a snidare in piazza (ora Garibaldi); ma che era una civetta schizzinosa, leziosa e sdolcinata; che non si faceva chiappar da tutti, e bisognava picchiare al nido suo e domandare dalla porta prima che aprissero: - Scusi sta qui la signora Verdi? Era una specie di parola d'ordine senza la quale non si poteva passare nel regno della dea Ciprigna.
Pioveva: una serataccia proprio da barbagianni. - Si va? - andiamo: disse l'amico senese: piano piano entriamo, come due ladri nella porta di casa, monta che ti monto, al buio, 235 scalini sono di molti: arriviamo Fineschi prima, io alla retroguardia; si picchia, si sente un trabuzzolio di sedie e una vociaccia sgangherata che grida con una voce da far paura:
- Chi è costì? - Scusi - fa il Fineschi con una vocina tutta miele e burro: - Sta quì la signora Verdi?
Ora te la dò io la signora Verdi, pezzo di figuro! E sentiamo uno scalpiccio di passi e un suon di bastoni minaccioso con uno struscio di pedate pesanti e gravi avvicinarsi alla porta: Il senese non se lo fa ripeter due volte; nè aspetta la buona matrona che venga ad aprire: giù a capo fitto dalle scale, me lo sento cascare addosso come un masso.
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