Le provocazioni partivano da' tavolini dei caffč in forma di pallottole di carta, pezzi di limone dei ponci, parole offensive e, che venivano tirate da quegli scapestrati i quali fatto il tiro, si rimettevano fermi fermi e seri seri come se niente fosse; talvolta, il pacifico avventore si sentiva investire anche da qualche cos'altro pił contendente: prudenza era, pagare e andarsene, perchč il coltello luccicava spesso nelle mani dei (diciamolo con vocabolo moderno) teppisti di que' tempi, e la pelle non tornava a casa sana.
Era costume d'allora dei giovinotti livornesi di portare certi pantaloni enormi di taglio francese; parevano i calzoni degli zuavi, e i pił feroci e accattabrighe si distinguevano dal pantalone enorme, e dal cappello a larghe teste, alla Rubens.
Belli erano quegli uomini, in veritą; bei volti di profilo greco, regolarissimo; con barbe nerissime, all'italiana, e con certi occhi di fuoco maravigliosi. Codesti giovani, poi, gelosissimi erano delle femmine loro e delle loro vezzosissime dame, e credo fermamente che non esistesse in tutta l'Italia una gioventł maschile e muliebre pił bella e formosa di quella livornese. Che volti angelici! che sguardi di fuoco! che portamenti da sultane! Ma guai a dire a quelle vezzosissime labronie una parolina gentile, far loro uno scherzo, avanzar proposte d'amore e di simpatia: s'era sicuri, la sera dopo, di trovarle accompagnate, alla lontana, da' loro dami, da' fratelli, delle sorelle e allora.... erano prepotenze, pericoli e stilettate.
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