«Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino!» vennero delle contestazioni, fu provato e riprovato che era un farabutto e un ladro, e dopo un processo clamoroso, clamorosamente licenziato.
Quest'aneddoto - crediatemelo - l'ho voluto narrare senz'aggiungere nè levare una virgola alla santa verità; e vi dirò due cose che possono servirvi per il futuro: prima di tutto questo: che alle volte, non si deve credere che chi arrossisce lo faccia proprio perchè si senta colpevole di qualche atto reo e infame; secondo: che - lo scorpione dorme sempre sotto ogni pietra, - come suol dirsi, che non basta andar prevenuti e camminare con tanto d'occhi aperti; perchè la malizia è uno dei veleni più sottili e più insinuanti che esistano al mondo; terzo: che alle volte, sarebbe prudente avere un po' più d'energia e ribattere a muso duro chi ti vuol far del male: se invece d'aver avuto uno spirito educato e gentile, fossi stato d'un animo rozzo, brutale, e furbaccione come quello di Fornasero, avrei potuto rispondergli secco secco: - Guardati in tasca - ladro fogunto - e lascia stare i galantuomini - ma a que' tempi avevo diciasett'anni; e i peli ai baffi non mi spuntavano ancora sul labbro, quantunque mi sbaluginassi ben bene allo specchio tutte le mattine, per vedere se nascevano. - Mi consolavo leggendo e scrivendo lettere che non finivan mai con la mia Virginia: erano lettere di fuoco, tutte poesia; lei mi consolava o m'accendeva di tormenti maggiori e pur così cari al mio core: erano i sogni dolorosi di due anime prigioniere.
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Fornasero Virginia
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