La sera, all'ora dell'appello, il furier maggiore legge quest'ordine del giorno:
- Il soldato Alberto Bozzelli, dell'8° reggimento, è portato all'O. d. G. per essersi oggi molto distinto recando una lettera del colonnello Menotti al generale Garibaldi.
- Io caddi dalle nuvole - mi diceva Bozzelli - caddi dalle nuvole, perchè non credevo, nè mi pareva d'aver fatto nulla di straordinario. Finita la guerra, fui decorato con la medaglia al valore. - Eppure, soggiungeva - io ero andato per morire; la divina ombra di miss Redflowers mi sembrava che si fosse seduta presso di me, e io sferzavo la povera bestia, nel timore di non poter consegnare la lettera di Menotti, ma affatto incurante di me e della mia vita.
E io m'esaltavo a queste narrazioni e tutto mi dedicavo all'amico che mi pareva proprio un essere superiore!
Andavamo a spasso insieme, e insieme a mangiare: costì s'unì a noi un carissimo giovine di Perugia - Ernesto Bruschi - maestro, col quale stringemmo simpatica amicizia.
Foligno, mi rimarrà sempre nella memoria anche per certi piatti di piselli con la mezzina, che invariabilmente eravamo costretti a mangiare noi tre; Bozzelli, Bruschi e io, e che durammo a tirar giù anche quando erano diventati duri e gialli come fagioli: - Una solita! - era il nostro intercalare; e una solita durò, credo, fino a quando rimasi a Foligno.
Ippolito Nievo, poeta, filosofo, garibaldino; che passò su questa nostra Italia come una luminosa meteora; che morì, a trent'anni, che fu dei Mille, che naufragò nel Golfo di Napoli quando tutto era finito e ritornava alla sua Padova a godersi l'aureola della sua gloria; Ippolito Nievo, gentil fior latino, gentil genio italico, bardo, eroe, martire; nella sua incomparabile Confessioni di un Ottuagenario, dipinse, con insuperabile pennello, la famosa Cucina del Castello di Fratta.
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