Queste egregie e irrefutabili verità, aleggiano in un cielo sereno: quello della scienza; ma l'uomo - giovine o vecchio - sente che anela a qualche cos'altro ancora: perchè le sue concezioni umane sempre lo rimandano alla sorgente primiera dei suoi affetti: e allora nascosto nel profondo del cuore, in quel cantuccio ove sono riposte a tutti gli occhi volgari, risuona il canto al poeta:
Oh, se per nuovo obiettoUn di t'affanna giovenil desio,
Ti risovvenga del materno affetto!
Nessun mai t'amerà dell'amor mio.
È la madre che parla, dal profondo dell'Universo immortale: e una lacrima bagna gli occhi del pensatore solitario che vede passare dinanzi alle sue torbide pupille le figure dei suoi fedeli amici che furono, e di quell'ancora che, immemori, o trascinati dal torrente della vita, obliosi vaniscono!
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Povera e nuda vai filosofia.
Questo verso, credo che sia del divino cantore di Laura: e non mai così vero mi suona all'orecchio ora, mentre sto sfilosofeggiando alle fantasime di due amici, uno morto, l'altro professore a Bari, il buon Ernesto Bruschi. Ma la filosofia, vera o falsa, non dà pane, nè fortuna: eppure - vedete - incita e si burla di noi poveri mortali specialmente quando siamo giovani com'era quest'umile narratore. Nel più bello delle mie elucubrazioni e disquisizioni filosofiche, vaporate via col fumo della pipa, m'avvenne un fatto così curioso e notabile che per poco m'avrebbe fatto perder quella gravità filosofica di cui io andavo in cerca con tanta bramosia sulle opere di Kant, di Shopenhauer, del Mansel, dello Hamilton e di Spencer.
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