Invano tenterei, quì, di descrivere il tramenio che portò con sè un fatto cotanto memorabile nella politica italiana: Si agglomeravano grandi quantità di soldati alla frontiera papalina; e la maggior parte provenivano dalla linea toscana-umbra; Firenze, Torino, Milano, Arezzo, Perugia, Livorno mandavano gran soldati, salmerie, carri, e tutto s'agglomerava nel cuore dell'Umbria - Foligno, per essere inviati a Narni a Orte e invadere lo Stato Pontificio.
Quì il governo italiano si trovò a corto d'ottimi telegrafisti e fece incetta dei più abili di quelli ferroviarj: eccoci dunque, nel settembre, scaglionati co' battaglioni che si spingono verso Roma nelle varie stazioni, mano mano che l'esercito avanza verso la Città eterna. Narni, Orte, Borghetto, Stimigliano, Passo Corese, Monterotondo...... vengono prese senza colpo ferire, e il personale papesco (chiamiamolo così) viene gentilmente pregato di lasciare la stazione, il telegrafo, la posta, ecc. ecc.
Durante queste operazioni, diciamo pacifico-guerresche, avvennero casetti curiosi di ridicola ribellione da parte d'impiegati caccialepri (come s'addimandavano allora e come li avevano battezzati i sopraggiunti invasori, che a loro volta furono chiamati da' caccialepri: buzzurri).
Quando mi presentai a Monterotondo con una scorta di soldati e un sott'ufficiale per impossessarmi dell'ufficio telegrafico, il telegrafista non volle venir meno al suo dovere di difensore delle sante chiavi e s'aggrappò con le braccie alla macchina scrivente, rosso in viso di feroce resistenza, pronto a sacrificar la vita per il suo papa-re, prossimo a cadere sotto il peso de' suoi millenarj misfatti.
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