Uscito dalla casa vecchia di Via Magna Napoli, non trovando un famiglia che mi soddisfacesse, mi scelsi per domicilio una vettura tutta ornamenti d'oro, con certe maniglie che parevan di chicco, ficcata in un deposito morto, sotto un gran copertone per ripararla dalla polvere.
Ma la prima e unica notte che vi passai, ebbi a pentirmene, amaramente; non m'ero ancora disteso - (mi pareva d'essere Robinson Crusoè nella capanna) - sul miglior sedile di velluto e seta gialla e verde che al tasto mi parve delizioso ed elastico; che un visibilio di pulci mi saltò addosso con l'evidente intenzione di far colazione, pranzo e cena al tempo stesso: era un correre e saltare sulla mia povera faccia e sulle mani come minuta grandine; si rincorrevano, al vedere, babbi e mamme e la minutissima prole in gran fermento d'aver trovato pan pe' loro denti; scappai forsennato e mi ridussi a dormire in una terza sul sedile plebeo e duro, ma almeno pulito. Seppi poi, che quel Salone, e altre vetture erano di S. S. Pio IX, niente di meno. L'avessi saputo prima! sarei stato ben lieto di lasciarci un ricordo - alle pulci papaline - magari coi versi di Melin Cocaio.
Non nisi de humano Pulicum sanguine vivunt,
Unde cruentatos cernis habere musos.
Boscosam sub jure suo tenet ipse Lasaenam,
Ejus et imperio sylva canesca datur.
Goens haec atezatrix leggiadro corpore saltat,
Vincit et Aetiopas bruno colore nigros.
Ejus ab humana vix ungue corazza foratur,
Orlandi ut fuerit scorza fadata minus,
Inter Papalibus Pulicum tanta coorta est,
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