E non ultimo, anch'io, voglio la mia parte di merito nella fortunata rivelazione d'un genio che tanto nome e lustro gettò sull'arte, sulla patria e culla sua Roma.
Certamente, la vita, diciamo così, di bohemien, che io conduceva a quei tempi nella allor divenuta capitale d'Italia, doveva imprimere al mio carattere una certa fierezza, e un certo spirito che unito allo istinto naturale, e alimentato dall'ardore indipendente, leale, impulsivo dei buoni e amici romani, renderebbe il mio carattere un pò irruente e ribelle: narrerò due fattarelli soli, fra mille, perchè i giovani lettori imparino a saper moderare i loro impeti, a tollerare con benevolenza li scherzi e sapere, a tempo e luogo, rintuzzare i malevoli, sol quando questi credano pregio superiore alla loro nullità, compiere atti di prepotenza villana e indegna.
L'escursioni che facevamo con Aristide comprendevano tutta la Città Eterna, esteriore, non solo, ma anche i luoghi sotterranei, le Catacombe, le Terme, il Foro Boario, le Chiese, i Cimiteri, i Musei, gli Osservatorj, i dintorni: ma, la domenica specialmente, ci dilettavamo d'andare al Pincio a sentire la scelta musica militare, vicino al laghetto de' cigni, nel centro del quale s'elevava bellissimo, un'orologio ad acqua, - credo del Villa.
Chi non ha visto il Pincio e il suo magnifico parco, i suoi giardini pensili, i suoi ampj viali, può dire di non aver visto una delle cose più splendide di Roma, dopo i giardini di Villa Pamphili che sono assolutamente maravigliosi; unici al mondo; ma chi, stando al Pincio, non si è fermato alla spalletta che, guarda verso il Vaticano, di dove si può abbracciare quasi tutta la città Leonina, e San Pietro, e il Borgo, e non s'è fermato a guardare il tramonto del Sole e lo spuntare delle luci serotine; non ha goduto mai uno spettacolo più maestoso e più sorprendente.
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