E 'l ciel per tema intorbida e scompiglia,
Con più sano consiglio al mio conformeProcurerà, che la romana gente
In arme e 'n toga a l'universo imperi.
E così stabilisco: e così tempoAncor sarà ch'Argo, Micene e Ftia
E i Greci tutti tributarj e serviDe la casa di Assàraco saranno.
Di questa gente, e de la Julia stirpe,
Che da quel primo Julo il nome ha preso,
Cesare nascerà, di cui l'imperoE la gloria fia tal, che per confine,
L'uno e l'altro Oceâno, e l'altra il cielo.
Questi, già vinto il tutto, poi che onustoDe le spoglie sarà de l'Orïente,
Anch'egli avrà da te qui seggio eterno,
E là giù fra' montati incensi a voti.
L'aspro secolo allor, l'armi deposte,
Si farà mite. Allor la Santa Vesta
E la Candida Fede a 'l buon Quirino
Col frate Remo il mondo in una avranno.
Allor che salde e ben ferrate sbarreDe la guerra saran le porte chiuse:
E dentro fra la ruggine sepolto,
Con cento nodi incatenato e strettoGran tempo si starà l'empio furore;
E rabbioso fremendo orribilmente,
Con foco agli occhi, e bava e sangue a i dentiMorderà l'armi e le catene indarno!
Ce ne stavamo, dunque, una sera, prima del tramonto del sole, Aristide ed io mollemente adagiati sur uno dei tanti sedili che costì vi sono, ed io ripetevo al mio amico enfaticamente i noti versi finali della superba invocazione virgiliana:
Aspera tum positis mitescent saecula bellis,
cana Fides et Vesta, Remo cum fratre Quirinus
iura dabunt; dirae ferro et compagibus artisClandentur Belli portae; Furor impius intus
saeva sedens super arma et centum vinctus aènis
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