E poi, un innato sentimento d'onestà mi facevano ritrarre con orrore dai pericoli che sono eternamente tesi come trappole, per far cader gl'inesperti e i giovinotti nelle trappole nascoste e in agguato fra le cose della gioventù folleggiante.
Avevo una cameruccia a San Giovanni a Carbonara e fui subito circondato dalle attenzioni di due donne, madre e figlia, che avrebbero fatto perdere la testa a San Francesco; belle ambedue, la giovinetta nell'ardore dei quindici anni, con un volto di madonna sbocciato allora tra le rose e il latte, con due occhi fulgidi e pieni d'ignoto desiderio; due labbra di carminio, due guance rosee e sane, e il seno che si formava allora allora come due pere primaticce; la madre, nella molle maturità dei trent'anni, di fattezze soavi e col contorno del viso dolcissimo rassomigliante la madonna della Seggiola di Raffaello; ambedue spiravano la nettezza del corpo e il giovareccio della natura sana e forte. La caduta poteva essere fatale: resistei. Troppo giovine e povero, quali sarebbero state le conseguenze d'una famiglia per me? Chi m'avrebbe perdonato la miseria, che certamente sarebbe venuta a battere alla nostra porta? ma che lotta terribile e tenace per vincere la seduzione, naturale finalmente, che il contatto di due donne giovani, belle e procaci aveva su di me, inesperto, giovanissimo e ardente.
Io non so come mi salvai: ma certo posso dire che la fortuna mi volle bene in quell'età che più pungenti sono gli stimoli della natura.
Carmelì (questo era il nome della bella maliarda) Carmelì sbocciava e mi cresceva quasi accanto fra i miei libri, nelle ore mie più gradite e solitarie; proprio come un fiore che vi brilli il sole un lieto giorno; esciva la madre per certe facenduole e me l'abbandonava sola per lunghe ore: ma pur sciocco sarei stato a non capire che si voleva far di me una presa facile e che la povera Carmelì incosciente, forse, era facile zimbello dell'astuta madre che tentava gettare una rete intorno a me.
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