Quelle terribili conflagrazioni del cielo e della terra, quei fulgori ràpidi e giganteschi, quelle voci immense della natura incollerita, quel lacerarsi di nere nuvole, quell'urtarsi violento di nembi rabbiosi, ora neri, come lustrino, ora luminosi e scintillanti come l'arco voltaico, imprimono a tutto l'essere mio un'ammirazione senza limiti e un rispetto immenso verso la Natura.
Gli spettacoli ch'essa ci offre sono, infatti, superiori ad ogni descrizione, perchè nessun artista - sia esso grande come Carducci, o come Pascoli, come Shakespeare o come Victor Hugo, come Omero o come Virgilio, come Esiodo o come Sofocle, potrà mai rapire alla natura viride e titanica, i colori della sua tavolozza immortale. Come può l'uomo riprodurre, in miniatura, ciò che è infinito? Nè Tiziano, nè Michelangiolo e neppure i divini Leonardo e Raffaello avrebbero potuto dipingere con tanta realtà, nelle loro ammirabili tele, le tempeste elettriche che ho contemplato, in varie circostanze della vita, sia dall'alto d'un'aspra montagna, o sul cassero d'una nave, sbattuta e sollevata sulle onde alte venti metri, mentre, tutt'attorno, montagne d'acqua e raffiche spaventose aquilonarj, stracciavano le vele o spezzavano bastingaggi e al ruggito del vento e delle acque, rispondeva lo scoppio delle nubi elettrizzate, lanciando torrenti di fuoco serpeggiante, un fucilìo senza tregua di saette e di lampi, fragorosi e tremendi.
Eppure, niuna è così viva al mio pensiero, come la conflagrazione vesuviana del giugno 1872. Tempeste elettriche si seguivano senza interruzione, su quel povero monte e sotto quel povero cielo: esse sono rimaste così profondamente scolpite nell'anima mia, ed hanno lasciato un'imagine così profonda della loro potenza, che non si cancelleranno dalla mia mente che con la morte.
| |
Natura Carducci Pascoli Shakespeare Victor Hugo Omero Virgilio Esiodo Sofocle Tiziano Michelangiolo Leonardo Raffaello
|