Un coro di venti giovani gole, con due o tre che fanno la terza, sull'accordo della chitarra, e gli altri, imitando l'accompagnamento, paiono chitarre vere, e in perfetto accordo; ed è tanto bello che richiama l'attenzione perfino degli stranieri.
Cantavamo dunque a piena gola per le vie di Firenze prima di mezzanotte e ci radunavamo, sul Lungarno alle Cascine, sotto l'Hôtel di Russia; s'affacciavano ai balconi numerosissimi gl'Inglesi e i forestieri che in gran numero sono sempre costì, e ci applaudivano freneticamente. C'era tra noi un giovane, che faceva il macellaio, ma con una voce divina, dolce e calda, intonatissima, larga e potente; dopo aver dato fondo a tutte le barcarole, romanze, cabalette note e arcinote del repertorio popolare; l'amico attaccava alcuni pezzi duri, come dicevamo, del Verdi: l'Ernani, il Ballo in Maschera, il Trovatore, il Rigoletto, la Forza del Destino.... Oh serate splendide e dolcissime! Quando il ricordo mi riporta a voi e ripenso il chiarore ineffabile di quelle notti d'estate, sotto quel cielo splendido folto di stelle e d'azzurro; il silenzio malinconico della città; la cadenza armoniosa de' nostri cori; l'armonia che riecheggiava lungo l'Arno e le voci solitarie della prima che rompeva, il silenzio notturno e poi il coro pieno, palpitante, armonioso; quel tutt'insieme di spensieratezza, di poesia, di gentilezza tutta paesana; quel non so che di umoristico e di patetico che suscita sempre la musica plebea cantata da giovani d'ogni condizione sociale, così alla buona, senza pretesa, molto meglio certo che quella eseguita ne' salotti sfarzosi dei ricchi, dinanzi a un piano-forte, in un circolo di persone in frac e corvatta bianca; il ricordo dico di quelle serate amabili e felici, mi mette la tristezza nel cuore e domando involontariamente: dove saranno que' buoni amici; saranno vivi? si saranno mai più ricordati di me? sarà mai venuto loro in mente che il povero Giulio, dopo aver perduto ciò che aveva di più caro al mondo, e poi il pane e poi il posto, e dopo tutta una vita di lavoro e una serie di sofferenze e di pene, di dolori e di tradimenti, di spasimi e di persecuzioni, e i migliori ideali, i più gentili affetti, infranti e calpestati, senza aver fatto nulla a nessuno, altro che del bene a tutti, e gli altri, su su, o di ruffi o di raffi, acquistato un nome una posizione, del danaro, un'importanza nella società, e coloro stessi che detter mano alla mia rovina, camminare impavidi e a test'alta fra gli onori e i riguardi delle genti che non li conosceran bene e passar per galantuomini, per gente ammodo, leale degnissima di rispetto?
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