A Roma null'altro avevo da fare che seguire le mie antiche aspirazioni: studiare e guardare; mi ricorderò con amore le belle passeggiate che facevo fuori delle porte principali, portando sempre l'uno o l'altro dei nostri classici; lessi e rilessi l'Orlando Furioso, fonte fresca d'ispirazioni e di fantasie; la Gerusalemme dell'infelice Torquato, ma sopratutto i canti del divino Recanatese che sapevo a memoria; e le sue prose inimitabili; l'autore immortale dei Sepolcri, che frugavo nell'Ortis, nel discorso su Dante nelle sue Lezioni d'Eloquenza; il Parini, così grande e così buono; e m'intenerivo leggendo la famosa epistola al Canonico Agudio.
Quanti anni sono trascorsi da allora? non lo so; ma mi paiono tanti, un'eternità! Eppure rivedo dinanzi a me quelle campagne solitarie e malinconiche animate soltanto, di quando in quando, da un cavallo fuggente col suo buttero dalla lunga pertica in mano, sparire lontano lontano, mentre il Sole va sotto e scompare dietro montagne di nuvole rosse, ondeggianti sopra strisce di luce infocata che t'abbagliava.
Fu in quest'epoca che avvenne l'assassinio di Sonzogno; e ricordo dell'impressione terribile che fece in tutti noi, ma a me in modo particolare, perchè uno dei complicati nel feroce assassinio - il Luciani - io aveva visto e conosciuto all'Hôtel Costanzi accanto al Generale Garibaldi, una mattina del...... 1874 quando, improvvisamente, sbarcato a Civitavecchia giunse a Roma, per attuare quel famoso progetto che, solamente lui, - vincitore d'ogni battaglia - poteva sognare.
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