... uno scoppio, un tonfo formidabile, i cancelli s'aprono come se fossero di carta; la folla furiosa si riversa sulle aiuole del giardino, pesta piedi, calcagna, vasi, fiori, urla, strepita e arriviamo furibondi come una catapulta sotto un balcone.
- «W Garibaldi, fuori il Generale» -
S'apre una persiana, e comparisce l'Eroe circondato dai suoi - Una mano si leva dietro a lui, (il generale aveva le mani quasi rattrappite) afferra la papalina, scopre quella testa veneranda e si ode una voce melodiosa pronunziare queste precise parole:
- «Romani: - Voi sapete che quando io sono fra voi, mi par d'essere come fra i miei figlioli....»
Poche altre parole potei afferrare, perchè la folla gridava Viva con tali intensità e irriverenza, che sollecitamente lo fecero rientrar dentro: apparve Giovagnoli che disse a nome del generale garbate parole: parlò non so chi altri; la folla si disciolse poco a poco (e ce ne volle del tempo) e facemmo ritorno alla stazione, dove trovammo il nostro Capo-ufficio più nero d'un calabrone. - Ma ormai, gridasse e multasse pure, non me ne importava un fico secco - Avevo potuto vedere quell'uomo straordinario, ne avevo sentito la voce; ne avevo visto lo sguardo e il sorriso; non mi pareva vero di poterne parlare, a dritta e sinistra, dalla Sora Nena, mia antica conoscenza, come di un fatto maraviglioso e inaspettato.
Era venuto il generale a Roma, come ho già detto, per patrocinare la grand'opera d'un Canale navigabile dal mare alla Capitale e bonificare l'Agro Romano; parve il sogno d'un allucinato e d'un utopista: i giornali, naturalmente, si schierarono pro e contro; mi ricordo che in Piazza Colonna fu messo in mostra un gran disegno con tutti i dettagli; la gente si fermava, discuteva, ammirava, sorrideva: sorrideva perchè, pur troppo sapeva che cosa voglia dire chieder denari ai principi romani e ai governi per opere veramente sante e utili.
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