Cose proprio da matti - (com'è affè di Dio), perchè a quei tempi le febbri non scherzavano e il povero Ulisse vi prese una terribile perniciosa che lo tenne in fin di vita.
Negli ultimi giorni di carnevale, io e il mio caro Aristide s'andò a un festival in Piazza Novara o Foro Agonale (come veramente dovrebbe chiamarsi quella gran piazza bellissima). Non ricordo d'aver visto una cosa più bella; una folla di qualche migliaio di maschere aveva invaso quella gran piazza: soldati, uomini del popolo, impiegati, famiglie intere entravano nel gran recinto pubblico e si davano a ballare come diavoli: c'erano de' banchetti dove si bisognava mangiare in piedi; friggitorie, caffè, mescitori di vino, insomma tutti quei venditori ambulanti che sogliono affollare quei ritrovi popolari. Costì si davano appuntamento amanti e innamorati, serve e militari, crestaine e infine tutto il ceto che non si vergogna (per dirla con parole senza eufemismi); si vedevano coppie che ballavano furiosamente da un par d'ore, e altre che se ne stavano mogie mogie a' pilastri a guardare; o camminavano o mangiavano o cantavano in circolo, con tre o quattro chitarre nel mezzo. Anch'io v'ebbi la mia avventura.
Nel colmo della nottata, quando più ferveva la ridda de' ballerini e delle ballerine e le musiche ai due fochi della piazza facevano proprio un inferno di quel tramenìo di maschere maschi e femmine; mi s'avvicinò una mascherina piccoletta ed elegante, vestita di domino rosso e nero, con una maschera intera sul viso; mi prende senz'altro a braccetto, e chiamandomi per nome (cosa che molto mi maravigliò) mi invita senz'altro a ballare.
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